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SALONE DEL MOBILE 2023: FACCIAMO UN RESOCONTO?

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A pochi giorni dalla chiusura di una delle manifestazioni più significative per l’interior design internazionale, leggiamo tanti commenti e bilanci; quasi l’onda lunga di una mareggiata,  forse anche troppo frettolosa e impetuosa, ma altrettanto piena di energia, in cui l’unica maniera per assaporare e decodificare gli innumerevoli segnali, prodotti, lanci, talk è creare il proprio personale percorso, fidandosi di qualche suggerimento, qualche vecchia certezza e qualche novità. Perché infine sono esperienze che hanno a che fare con la propria personalità, sia il Salone del Mobile che il FuoriSalone (sì perché a Milano si chiamano così la fiera e la costellazione di eventi in città, chiamarla Design week, oltre ad essere sbagliato, sarebbe anche riduttivo).

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Facciamo intanto un passo indietro con una breve lettura filologica; la fiera nasce nel 1961 (sulla scia della manifestazione tedesca di Koeln) per mettere in mostra il saper fare delle medie industrie italiane di settore; quell’anno partecipano 328 aziende, 12.000 sono i visitatori, di cui 800 provenienti dall’estero, il tutto si sviluppa soltanto su 2 padiglioni della Fiera Campionaria, con un’area espositiva di circa 12.000Mq.
Nell’edizione del 2023 abbiamo superato le 307.000 presenze (le presenze dell’edizione pre- covid erano state 380.000) con il 65% di buyer esteri e più di 2000 espositori, solo in fiera, ed un’estensione che è quasi impossibile da calcolare perché, oltre ai padiglioni (dove certi stand coprivano migliaia di metri quadrati), le presentazioni e gli eventi sono sparsi ovunque.

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Numeri a parte è poi interessante leggere la “distorsione” che la manifestazione ha subito nel tempo. Nata per mettere in mostra le capacità dell’industria italiana di settore (l’arredamento appunto), oggi ha confini molto meno precisi, forse più inclusivi; intanto spesso non ha nulla a che vedere con l’industria, ma mette sempre in mostra la creatività, suggerendo nuove idee per creare qualsiasi atmosfera abitata (interna o esterna, privata o pubblica, dal sapore artigianale o industriale, toccando anche la sfera artistica vera e propria). Anche questa edizione ha confermato una grande presenza di prodotti, spazi e racconti che sconfinano destreggiandosi (anche bene) nel campo della manifattura di altissima qualità, nell’arte, nell’esposizione non solo di pezzi di design industriale, ma anche di pezzi unici.

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Resta inoltre altissimo l’interesse per la ricerca, un certo tipo di sguardo fresco, disincantato ma anche chiaro e focalizzato su alcune importanti tematiche sociali, ambientali, etiche. Due degli argomenti più significativi e risonanti di questa edizione: sostenibilità e ritorno alla manualità. La sensazione è che l’argomento, quando preso in maniera seria, riesca a produrre corretti processi di ideazione e produzione, con intuizioni significative che arrivano tanto dalle scuole internazionali, quanto dai grandi brand.

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Ci si lascia dunque alle spalle una settimana intensa e produttiva, non senza qualche domanda e qualche riflessione; sembra quasi arrivato il momento di rallentare, di produrre di meno ma con più significato, con più profondità. Dando valore al tempo, anche a quello che si chiede ai creativi per generare una “nuova” idea, che altrimenti rischia di essere solo un’altra idea non dissimile da qualcosa che già esiste. Immaginare, ingegnerizzare e produrre con più lentezza, non per mancanza di voglia o energia ma, cercando di metabolizzare meglio quello che è stato realizzato o che si sta realizzando. Possiamo (o dobbiamo) secondo voi immaginare anche un nuovo futuro per questa fantastica “settimana del Salone” milanese?

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